Estratto dal libro: “Il Piano Campbell”, di Thomas Campbell
La vitamina D non è precisamente una vitamina, nel senso che non è necessario assumerla ogni giorno nella nostra alimentazione.
La nostra pelle la produce in modo naturale quando è esposta ai raggi ultravioletti B (UVB), una componente della luce solare.
Dalla pelle, la sostanza chimica passa al fegato e poi ai reni, dove due reazioni la tramutano nella forma attiva di vitamina D.
Gli alimenti che la contengono sono pochi: fegato di pesce, funghi, qualche specie di pesce grasso e alcuni altri cibi. Da molti decenni, la vitamina D viene aggiunta al latte vaccino come prevenzione del rachitismo.
Questa vitamina svolge un ruolo essenziale nell’assorbimento del calcio, nella crescita e nel rimodellamento delle ossa, ed è stata associata alla riduzione del rischio per alcuni tipi di tumore, sclerosi multipla, fragilità ossea, debolezza muscolare, problemi di equilibrio e molti altri. Tuttavia, e a dispetto di tanto interesse, non esistono prove affidabili che integrarne il consumo con una pastiglia sia davvero utile contro le malattie croniche. Qualche studio dimostra una leggera riduzione del rischio di cadute, soprattutto nelle persone che soffrono di una sua specifica carenza, per esempio gli anziani ospedalizzati.
Soddisfare il nostro bisogno di vitamina D mediante l’esposizione al sole è facile in primavera, estate e autunno, anche se vivete nelle regioni più settentrionali.
I fattori che fanno la differenza comprendono la carnagione (più la pelle è scura, meno vitamina D produce), l’orario e la durata dell’esposizione, la stagione e gli strati di copertura dell’epidermide, compresi i filtri solari.
Per soddisfare il nostro bisogno di vitamina D, basta una breve esposizione (da cinque minuti a mezz’ora) di braccia e gambe al sole di mezzogiorno (tra le 10 del mattino e le 3 del pomeriggio) due volte alla settimana.
Se avete la carnagione molto chiara, cinque minuti basteranno, se avete la pelle particolarmente scura, potrebbero servirne almeno trenta.
La pelle produce vitamina D anche nelle giornate nuvolose.
Le nubi, l’ombra, un grave inquinamento atmosferico o una cappa di smog, possono ridurne la sintesi tra il 50 e il 60%, ma non arrestarla del tutto.
Il vetro blocca i raggi UVB (ma non tutti quelli “abbronzanti”, gli UVA) quindi in macchina la vostra pelle produrrà vitamina D solo a finestrini abbassati.
I filtri solari con un fattore di protezione medio, bloccano quasi completamente la sintesi di vitamina D nelle aree epidermiche su cui vengono applicati,
In inverno potrebbe essere difficile sintetizzarne quantità adeguate, soprattutto nelle regioni più lontane dall’equatore. Il corpo può accumularla e rilasciarla durante l’inverno, ma non ci sono dubbi che è proprio in quel periodo dell’anno che molte persone rischiano di non averne abbastanza.
Eccoci dunque alla domanda cruciale; quando diventa importante integrare l’apporto di vitamina D?
Gli integratori non hanno dimostrato alcuna efficacia nell’ambito della prevenzione di gran parte delle malattie croniche, ma una grave carenza di vitamina D causa rachitismo e osteomalacia (rispettivamente nei bambini e negli adulti), entrambi alterazioni della mineralizzazione ossea dovuta alla mancanza di calcio e di fosforo. La vitamina D contribuisce all’assorbimento del calcio nell’intestino e il suo deficit lo riduce a livelli subottimali con varie conseguenze, comprese carenze di fosforo e scompensi del sistema ormonale.
Il rachitismo e l’osteomalacia sono malattie piuttosto rare, ma costituiscono un rischio reale per alcuni individui.
Chi trascorre i mesi invernali al chiuso o nelle regioni più lontane dall’equatore, rischia di non sintetizzare abbastanza vitamina D anche uscendo di casa: gli abitanti delle regioni del Nord (o dell’estremo Sud), che devono affrontare lunghi inverni; alcune categorie di persona sono a rischio tutto l’anno, come per esempio i lungodegenti (anche persone ricoverate in casa di riposo), alle donne che per osservanza religiosa adottano un abbigliamento che copre il loro corpo da capo a piedi, i grandi obesi e i neonati alimentati con solo latte materno.
Estratto dal libro: “Il Piano Campbell”, di Thomas Campbell