Estratto dal libro “The CHINA STUDY” di T. Colin Campbell e Thomas M. Campbell
MANGIARE CORRETTAMENTE: OTTO PRINCIPI IN FATTO
DI ALIMENTAZIONE E SALUTE
PRINCIPIO N. 3
I cibi di origine animale non contengono quasi sostanze nutritive che non siano meglio fornite dalle piante.
Nel complesso, è corretto affermare che, in termini di composizione nutrizionale, qualunque alimento di origine vegetale presenta molte più analogie con gli altri cibi di origine vegetale di quante ne abbia con quelli di origine animale.
Lo stesso vale per il discorso inverso: tutti i cibi di origine animale sono più simili agli altri cibi della stessa origine di quanto lo siano a quelli di origine vegetale.
Per esempio, anche se il pesce è notevolmente diverso dalla carne di manzo, esso presenta molte più analogie con il manzo che non con il riso.
Persino gli alimenti che rappresentano “eccezioni” alla regola, come le noci, i semi e i prodotti animali trattati a livello industriale e a basso contenuto di grassi, rimangono parte dei gruppi distinti di sostanze nutritive vegetali e animali.
Nutrirsi di animali è un’esperienza nutrizionale notevolmente diversa dal nutrirsi di vegetali: la quantità e la qualità delle sostanze nutritive contenute in questi due tipi di alimenti illustrano queste eclatanti differenze nutrizionali.
Come potete vedere, i cibi di origine vegetale hanno quantità clamorosamente maggiori di antiossidanti, di fibre e di minerali rispetto ai cibi di origine animale: questi ultimi in realtà sono quasi completamente privi di diverse di queste sostanze.
I cibi di origine animale, a loro volta, contengono molto più colesterolo e grassi; hanno anche una quantità lievemente maggiore di proteine rispetto ai cibi vegetali, e più vitamine B12 e D, benché quest’ultima sia in larga misura dovuta all’integrazione artificiale del latte.
Ovviamente vi sono alcune eccezioni: alcune noci e alcuni semi sono ricchi di
grassi e di proteine (per esempio le arachidi e i semi di sesamo), mentre alcuni alimenti di origine animale sono poveri di grassi, solitamente perché ne sono stati privati mediante un trattamento artificiale (per esempio il latte scremato).
Se però si considerano questi dati con maggior attenzione, i grassi e le proteine delle noci e dei semi sono differenti: sono più salutari di quelli dei cibi di origine animale e sono inoltre accompagnati da alcune interessanti sostanze antiossidanti.
Viceversa, i cibi di origine animale a basso contenuto di grassi perché trattati a livello industriale contengono ancora una certa quantità di colesterolo e grandi quantità di proteine, e non presentano che quantità bassissime o nulle di antiossidanti e fibre alimentari, proprio come gli altri alimenti di origine animale.
Dato che le sostanze nutritive sono i principali responsabili degli effetti salutari dei cibi, e considerate queste importanti differenze nella composizione nutritiva fra gli alimenti di origine vegetale e quelli di origine animale, non è ragionevole presupporre che ci si debbano aspettare effetti sull’organismo nettamente differenti a seconda della varietà dei cibi che si consumano?
Per definizione, perché una sostanza chimica alimentare sia una sostanza nutritiva essenziale, deve presentare due requisiti:
• la sostanza chimica deve essere necessaria a un sano funzionamento dell’organismo umano;
• la sostanza chimica deve essere qualcosa che l’organismo non può produrre autonomamente e deve pertanto essere ricavata da una fonte esterna.
Un esempio di una sostanza chimica non essenziale è il colesterolo, una componente dei cibi di origine animale che in quelli di origine vegetale è completamente assente.
Se è vero che il colesterolo è essenziale per la salute, il nostro corpo ne può fabbricare tutta la quantità richiesta e non è perciò necessario consumarlo negli alimenti. Si può di conseguenza affermare che non si tratta di una sostanza nutritiva essenziale.
Ci sono quattro sostanze nutritive che i cibi di origine animale contengono, a differenza della maggior parte di quelli di origine vegetale: il colesterolo e le vitamine A, D e B12.
Tre di essi sono sostanze nutritive non essenziali: come già illustrato, il colesterolo è prodotto in modo naturale dal nostro organismo; la vitamina A può essere agevolmente sintetizzata dall’organismo a partire dal beta-carotene, e lo stesso vale per la vitamina D mediante semplice esposizione della pelle al sole per un periodo di circa quindici minuti ogni due o tre giorni.
Entrambe queste vitamine sono tossiche se consumate in dosi massicce, un’ennesima indicazione che è meglio fare affidamento sui precursori di queste vitamine, sul beta-carotene e sulla luce solare, cosicché il nostro organismo possa avere un facile controllo della tempistica e delle necessarie quantità di vitamina A e D.
La vitamina B12 rappresenta un caso più problematico.
Viene prodotta dai microrganismi presenti nel terreno e nell’intestino degli animali, compresi gli esseri umani.
Le quantità prodotte all’interno del nostro intestino non vengono assorbite in modo adeguato, ed è perciò raccomandabile consumarne negli alimenti.
La ricerca scientifica ha dimostrato in modo convincente che le piante coltivate in terreni sani che presentino una buona concentrazione di vitamina B12 assorbono con facilità questa sostanza nutritiva.
Invece, le piante che crescono in terreno “inerte” (o inorganico) potranno essere carenti di vitamina B12.
Negli Stati Uniti, la maggior parte dell’agricoltura è praticata su un suolo relativamente inerte, depauperato da anni di innaturale utilizzo di pesticidi, erbicidi e fertilizzanti. Le piante coltivate in questo tipo di terreno e vendute nei supermercati sono perciò carenti di B12.
Inoltre, viviamo in un mondo così igienizzato che raramente veniamo in contatto diretto con i microrganismi che producono questa vitamina nel terreno.
In passato gli esseri umani ricavavano la vitamina B12 dalle verdure non completamente mondate dalle tracce di terra.
Non è perciò irragionevole presumere che gli americani contemporanei che consumano prodotti vegetali altamente igienizzati e nessun prodotto di origine animale abbiano poche probabilità di assumere una dose sufficiente di vitamina B12.
Benché l’ossessione degli integratori che caratterizza la nostra società distolga fortemente da informazioni nutrizionali ben più importanti, non intendo qui affermare che gli integratori debbano essere sempre evitati.
Si è calcolato che la riserva di vitamina B12 accumulata nell’organismo sia sufficiente a coprire un periodo di tre anni.
Se non si mangiano prodotti di origine animale da tre anni o più, o durante la
gravidanza e l’allattamento, si dovrebbe considerare l’assunzione occasionale di una piccola dose di integratore di B12, o una visita annuale dal medico per controllare i livelli delle vitamine del gruppo B e di omocisteina nel sangue.
Analogamente, se non si è mai esposti alla luce solare, specialmente durante i mesi invernali, si potrebbe assumere un integratore di vitamina D: consiglierei di assumerne la dose minima che si riesce a trovare e di sforzarsi di uscire all’aperto con maggior frequenza.
Considero questi integratori nient’altro che “ostacoli alle pillole della natura”, perché una salutare dieta a base di alimenti freschi e organici di origine vegetale coltivati in terreni ricchi e uno stile di vita che porti a uscire di casa con regolarità sono la risposta migliore a questi problemi. Tornare al nostro modo di vivere naturale mediante questa semplice strategia è anche fonte di innumerevoli altri benefici.
Estratto dal libro “The CHINA STUDY” di T. Colin Campbell e Thomas M. Campbell
PRINCIPIO N. 3